Don Salvatore faceva il mulattiere, un lavoro umile e povero. Lavorava nei luoghi siciliani, tra Mezzojuso e Capofelice di Fitalia, quando un giorno, nei pressi della montagna di Morabito, venne attratto dai baglior
Storia della ngiuria e di Don Salvatore Passadiqua

Storia della ngiuria e di Don Salvatore Passadiqua, leggende siciliane.

di Katia Regina

In Sicilia ci si riconosce attraverso i soprannomi, li ngiuriii, ma guai a chiamare direttamente qualcuno pronunciando la ngiuria che si è guadagnato.

Ma come nascono questi soprannomi? Cominciamo col dire che non vi è una regola precisa, piuttosto una serie di motivazioni: il luogo di nascita, una caratteristica  fisica, o anche, semplicemente un atteggiamento stereotipato del personaggio in questione, ad esempio Naiddo scaippe asciote, ossia Leonardo coi lacci delle scarpe sempre sciolti.

I soprannomi sono sempre esistiti, fin dall’origine della storia degli insediamenti umani, e ancor prima se ne trovano esempi financo sui testi sacri. Una caratteristica tutta siciliana è sicuramente quella di trasformare la ngiuria in offesa, ecco dunque il motivo per cui non bisogna mai usarla direttamente. Questo aspetto si discosta dall’uso del soprannome in altre culture, che tende invece a distinguere o a glorificare l’individuo, ad esempio Alessandro Magno. Altra caratteristica tutta siciliana quella di estendere all’intera famiglia il nomignolo fino a tramandarla da padre in figlio, come una sorta di stemma di famiglia plebeo. Col tempo questo uso si è addirittura trasformato in veri e propri cognomi registrati regolarmente presso gli uffici anagrafici. L’uso del soprannome non ha mai smesso di esistere, ancora oggi  a molti personaggi dello spettacolo vengono regolarmente affibbiati nomignoli che non sempre tendono alla glorificazione.

La ngiuria eletta a rango letterario.

Un esempio su tutti è sicuramente il romanzo di Verga I Malavoglia, la storia della famiglia siciliana indicata già nel titolo, dal grande scrittore siciliano, con la stessa ngiuria. Un esempio più recente lo si trova nel romanzo di Saviano, Gomorra, in cui l’autore spiega che il soprannome di un boss camorrista è come una sorta di stimmate per un Santo, il soprannome di un boss indica sempre la sua appartenenza al sistema criminale.

Ecco dunque la storia di Don Salvatore Passadiqua, per scoprire come sia stato possibile trasformare una ngiuria in un cognome italianizzato, quali siano state dunque le dinamiche morali che hanno coinvolto il nostro personaggio e la comunità di appartenenza,  al punto di affrancarlo dalla sua condizione di miserabile, da Turiddu Passaddà, termine quest’ultimo usato per allontanare qualcuno indesiderato, a Don Salvatore Passadiqua… sol perché orami ricco.

Don Salvatore faceva il mulattiere, un lavoro umile e povero. Lavorava nei luoghi siciliani, tra Mezzojuso e Capofelice di Fitalia, quando un giorno, nei pressi della montagna di Morabito, venne attratto dai bagliori dei giochi d’artificio e dai suoni di musiche e danze che provenivano da numerose bancarelle che  vendevano ogni ben di Dio. Spaventato dalla visione, a cui non era certo abituato, arretrò per fuggire fino ad imbattersi in folletto travestito da mercante che lo bloccò per proporgli un affare, acquistare dei buoi per un solo soldo. Un affare davvero allettante, ma, come si diceva, don Salvatore era talmente povero da non disporre neppure di un solo soldo. Avvilito, dall’impossibilità di non poter approfittare di tanto vantaggio, si allontanò nuovamente, ma strada facendo venne fermato ancora da un altro folletto travestito da mercante, anche questo gli propose un ottimo affare, ossia, acquistare dei cavalli per dieci soldi. Altre offerte gli vennero fatte, da altrettanti folletti travestiti da  mercanti, ma alla quarta offerta di acquistare una dozzina di agnelli per un solo soldo accadde qualcosa di inatteso, dinnanzi all’impossibilità di acquistare gli agnelli per un solo soldo, il folletto non si rassegnò e mise a testa in giù Passaddà facendogli cadere una moneta che consentì a Turiddu di  acquistare un vitello.

Questo vitello cambiò la sorte di Passaddà, successivamente infatti riuscì a rivenderlo per un mucchio d’oro, da questo momento Turiddu divenne ricco sfondato.

La sua esistenza cambiò radicalmente, si spostava in carrozza, si prendeva cura degli altri attraverso opere buone, ma solo a condizione che se ne parlasse nei giornali.

La sua vita fu ricca di sfarzi, proprio come un gran signore, e quanti prima lo evitavano o lo ignoravano, ora, nella nuova condizione agiata, cambiarono atteggiamento fino ad elogiarlo. Lo stesso Podestà, che in passato lo aveva cacciato malamente dal palazzo municipale sol perché Passaddà non si era rivolto a lui con il Voscenza, ora, voleva dargli in sposa la sua giovane e bella figlia.

La storia narra che, pur di riconoscere dignità di sangue al ricco Passaddà, si frugò nelle carte degli antenati per risalire alle sue origini fino a scoprire che, in realtà, tra gli antenati di Turiddu si poteva risalire ad un trisavolo dal sangue celeste, questa scoperta autorizzò ufficialmente il cambio del cognome di Turiddo, non più Passaddra, ma Don Salvatore Passadiqua dei Principi dell’Oro.

Storia della ngiuria e di Don Salvatore Passadiqua.