La Baronessa di Carini
La Baronessa di Carini. Aveva solo quattordici anni Laura Lanza, quando venne data in sposa a don Vincenzo La Grua, barone di Carini, e da questa infelice unione è nata la storia della Baronessa di Carini. Confinata nel castello e trascurata dal marito, intraprende una relazione amorosa clandestina, diviene amante del cugino del marito, Lodovico Veragallo, una relazione intensa e duratura che porterà al concepimento di ben otto figli. Il periodo storico è quello del ‘500, quando in Sicilia i padroni erano i latifondisti, feudatari senza scrupoli, veri e propri tiranni nei confronti dei contadini, ma non solo.
Questa vicenda, che mescola la leggenda alla cronaca, è stata narrata in diversi modi, per molti secoli la versione più accreditata è stata quella del delitto d’onore. La baronessa infatti è stata barbaramente uccisa a coltellate dal padre insieme al suo amante, quest’ultimo invece, secondo la versione, per mano del marito. La prima traccia scritta di questa orribile vicenda risale al 1870, dopo aver raccolto circa quattrocento storie tramandate per via orale, l’antropologo Giuseppe Salamone Marino ne scrive un poemetto dal titolo “L’amaro caso della signora di Carini”. Bisognerà aspettare anni più recenti per scoprire che le cose, probabilmente, non erano andate per come si è voluto far credere, e che il vero movente poteva essere ben diverso.
Non già il delitto d’onore, come per anni si è narrato, ma ragioni di natura economica, debiti da onorare dunque avrebbero spinto il padre, in complicità con il genero, a commettere il gesto infame. Rinchiusi in una stanza del palazzo per oltre otto ore, i due amanti, sarebbero stati assassinati dopo l’arrivo del marito, affinché vi fossero le condizioni per farla franca, grazie alle leggi del tempo, anche dal punto di vista economico. Solo una breve latitanza per il padre, don Cesare, fino alla Grazia concessa dall’allora re di Spagna.
I figli furono disconosciuti dal marito, Vincenzo La Grua, probabilmente sterile, che si risposò dopo meno di due anni con Ninfa Ruiz, risistemando il castello per accogliere la seconda moglie e facendo incidere sulla porta della camera della prima Et nova sint’omnia, quale auspicio di rinnovamento.
Ad appassionarsi al caso, oltre i cantastorie del tempo che narravano della triste fine della Baronessa di Carini in tutti i luoghi di passaggio, anche i Ris di Messina, dopo cinquecento anni e con i nuovi mezzi investigativi, si tenta di portare nuovi elementi per avvalorare la pista del delitto perfetto perpetrato per meri motivi economici. A riaprire il caso di recente, insieme, al corpo speciale dei carabinieri, anche un grafologo, che ha studiato e comparato documenti del tempo. Neppure sul luogo di sepoltura si hanno certezze, anche se nella cripta dei Lanza si trova una tomba senza nome con sopra scolpita una giovane donna nel gesto del sonno che potrebbe essere quella di Laura Lanza. Un luogo, questo, solo recentemente scoperto e in modo casuale, durante alcuni lavori di sistemazione della Chiesa di Sam Mamiliano. Per molto tempo si è cercato altrove, a cominciare dal duomo di Carini, nella cripta sotto l’altare dove venivano seppelliti i La Grua. E sempre nella stessa Chiesa Madre della piccola cittadina della provincia palermitana, viene custodita la lettera in cui il padre della baronessa confessa il crimine al re di Spagna, Filippo II, ma anche in questa ricostruzione vi sono una serie di incongruenze sottolineate dal grafologo, Carmelo Dublo, che sta cercando di fare chiarezza sulla terribile vicenda.
«Sacra Catholica Real Maestà,
don Cesare Lanza, conte di Mussomeli, fa intendere a Vostra Maestà come essendo andato al castello di Carini a videre la Baronessa di Carini, sua figlia, come era suo costume, trovò il barone di Carini, suo genero, molto alterato perchè avia trovato in mismo istante nella sua camera Ludovico Vernagallo suo innamorato con la detta baronessa, onde detto esponente mosso da iuxsto sdegno in compagnia di detto barone andorno e trovorno detti baronessa et suo amante nella ditta camera serrati insieme et cussì subito in quello stanti foro ambodoi ammazzati.
Don Cesare Lanza
Nel frattempo anche la finzione cinematografica ha dato un tributo attraverso alcuni sceneggiati televisivi di grande successo, strappando il primato ai cantastorie che per secoli hanno narrato della povera baronessa di Carini:
«Chianci Palermu, chianci Siracusa
a Carini c’è lu luttu in ogni casa.
Attorno a lu Casteddu di Carini,
ci passa e spassa nu beddu cavaleri.
Lu Vernagallu di sangu gintili
ca di la giuvintù l’onuri teni.
“Amuri chi mi teni a tu’ cumanni,
unni mi porti, duci amuri, unni?
Vidu viniri ‘na cavallaria.
Chistu è me patri chi veni pi mmia,
tuttu vistutu alla cavallarizza.
Chistu è me patri chi mi veni a ‘mmazza.
Signuri patri, chi vinisti a fari?”
“Signora figghia, vi vegnu a ‘mmazzari”.
Lu primu corpu la donna cadiu,
l’appressu corpu la donna muriu.
Nu corpu a lu cori, nu corpu ‘ntra li rini,
povira Barunissa di Carini».
La visita al Castello di Carini è un’esperienza estremamente suggestiva, la leggenda vuole che ogni anno, nel giorno in cui Laura Lanza venne assassinata, il 4 dicembre, nella parete dove la povera sventurata poggiò la sua mano insanguinata compaia l’impronta ben visibile ai visitatori.
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